Piazza tra gli anni ’50 e ’60: ricordi di una bambina di allora, Maria Angela Giovanna Cucchi

Piazza tra gli anni ’50 e ’60: ricordi di una bambina di allora, Maria Angela Giovanna Cucchi

La piazza, grande o piccola che sia, è il punto di richiamo e di incontro di ogni paese. Proprio per questo, senza sminuire nessuno, chi vi abita ha un senso del vivere insieme più sentito, più marcato e profondo. Ogni uscio ne affianca un altro, ogni voce vibra sui muri confinanti, si unisce ad altre e bisbiglia come lo stormire delle foglie in primavera, ti accompagna e non sei mai solo. Vivere in questa parte del paese s’impara anzitempo a stare con gli altri, ad accettare e condividere il quotidiano con il prossimo. Pian piano, il senso di appartenenza traccia in ogni persona un paesaggio interiore, la cui lettura arricchisce di fascino la propria geografia dell’anima. Così vedrai il sole battere sulle case con luce intensa e nello stesso tempo soffusa, vedrai i colori dell’aria in chiaro scuri che si diluiscono diversamente a seconda delle stagioni e le ombre consolare nel meriggio estivo. Chi se ne va altrove, rincorre l’assenza del suono delle nostre campane e in ogni luogo tu sia e l’aria lo trasporta, ti fermi per assaporarne la melodia. Esse ci hanno scandito il tempo, ci hanno dato gioia e conforto. Hanno ritmato il passare dei giorni e la loro cadenza è impressa nel passato e nel presente.

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Piazza Martiri della Libertà vista dalla torretta di Casa Soldo – anni ’50

Coinvolgente, limpido e corposo il suono delle nostre campane! I rintocchi armonici diversi, ci scandivano chiaramente ogni funzione religiosa ed ogni avvenimento. Questo richiamo magicamente lo rinnovano ogni giorno e ogni giorno ascoltiamo la loro preghiera e i ricordi. Appaiono all’improvviso le figure messaggere di legami: il dottor Petroboni, la Siüra Lanfranchi, i Secchi, Papagno, Supel e Merigo, tutti intorno alla piazza e pronti ad offrirci un sorriso. Volutamente facevo la spola Secchi – casa più volte al giorno, stranamente negli acquisti del cibo io e la Cami ci dimenticavamo sempre qualcosa. Piccoli pretesti per una chiacchieratina in più o per un giretto, oppure, in estate per gustare un gelato da 10 lire della Signora Savina. Purtroppo il sapore del gelato al cioccolato della “Zia Savina” non lo ritrovai mai più altrove. Mi son chiesta più volte il perché di quel retrogusto così dolce, così delicato, così indimenticabile. Era la mano esperta della zia Savina, oppure il cacao di buona marca? Sicuramente la zia Savina era brava nel suo lavoro. Essa avvolgeva il cono gelato di carezze alla panna, al cioccolato, al limone con cura e maestria. L’acquolina così saliva e preannunciava il piacere sempre accompagnato dalla cortesia e dal sorriso. Con gli anni le risposte si sono allargate e incominciai a pensare che i sapori e i profumi dell’infanzia sono irripetibili, frizionati sul cuore, anche se, ostinatamente ne cerchi l’imitazione. Sono diventati invece “cibo del pensiero” e crescita della persona, mentre l’orologio della piazza instancabile continua a scandire.

LE CASE DELLA PIAZZA ( ESTATE 2001)
Sonnecchiavano le case della piazza.
Il sole battente si ritirava.
Le ombre le assopivano.
Cullate e abbagliate dal meriggio estivo,
si riposavano.
Dormienti, mi abbracciavano
nei miei percorsi di bimba.

Maria Angela Giovanna Cucchi

Fonti:

Testo scritto e concesso da Maria Angela Giovanna Cucchi